La cultura della nostra contemporaneità, definita ancora come postmodernità ovvero come epoca in cui le certezze della modernità sono finite[1], presenta meriti e limiti inerenti i modelli di relazione tra persone e non riesce ancora ad individuare in che modo le istanze affettive possono dirigersi verso orizzonti di relazionalità più evoluta tra esseri umani.
La questione del gender è una delle più tipiche della postmodernità. Per identità di genere si intende la sensazione intima che la persona ha di se stessa riguardo al suo essere maschio o femmina. L’identità di genere è quindi una identità soggettiva che esprime i codici mentali di mascolinità e di femminilità attribuiti a se stessi e agli altri indipendentemente dalla propria identità sessuale biologica. A sua volta, l’identità di ruolo di genere è legata all’identità di genere, e corrisponde all’insieme delle predisposizioni e degli atteggiamenti riconosciuti come maschili o femminili in un determinato contesto socio-culturale.
Che i connotati psicologici della mascolinità e della femminilità siano prodotti culturali e che la loro determinazione in un individuo sia più o meno marcata in dipendenza dalle relazioni interpersonali vissute, è un dato relazionale abbastanza evidente. Così come è evidente che essi vadano a rinforzare o a indebolire i tratti temperamentali genotipici dell’individuo stesso.
Resto però molto perplesso di fronte alla filosofia politica a cui negli ultimi decenni sono approdati gli esponenti più radicali degli studi di genere. Secondo il loro punto di vista il carattere di genere non ha nulla a che fare con il carattere sessuale, e cioè non è biologico ma solo culturale, ed è autopercettivo, ovvero fondato su ciò che una persona sente di essere, indipendentemente dalla propria biologia.
L’acronimo di derivazione anglosassone “LGBT”, nel quale si riconoscono le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e transessuali, si è recentemente esteso alle persone che vivono una condizione intersessuale e alle persone che si identificano come queer. “Il termine queer, dall’inglese ‘strambo’, ‘eccentrico’ ma anche ‘finocchio’ e ‘frocio’, indica oggi una condizione soggettiva in cui non ci si riconosce nelle identità fisse, nelle categorie prefabbricate e precostituite che la società impone e nella logica binaria e dicotomica etero/omo, maschile/femminile”[2].
L’orientamento pansessuale[3], infine, ovvero la potenziale attrazione (estetica, sessuale o romantica) verso un determinato soggetto indipendentemente dal suo sesso, supera sia la concezione binaria maschio/femmina sia quella di genere. Le persone pansessuali affermano che il sesso e il genere non influenzano in alcun modo la direzione del loro desiderio.
Paradossalmente la posizione pansessuale presenta quella caratteristica spirituale che la tradizione cristiana attribuisce alle anime, che, dopo la morte del corpo, non hanno identità sessuale, come gli angeli. Il percorso evolutivo ipotizzato da una posizione di questo tipo (associato agli strabilianti progressi della tecnologia applicata alla genetica, alla procreazione medicalmente assistita e all’ostetricia, che oggi dispone di incubatrici in grado di far sopravvivere un feto nato alla 23a settimana di gestazione a dispetto dell’altissimo rischio di cecità, sordità, malformazioni fisiche, ritardo mentale, ecc.) ha come fine implicito quello di liberare dai vincoli del corpo la riproduzione umana. Gli uteri artificiali solleverebbero finalmente le donne dalla condanna “con dolore partorirai figli!” contenuta nel terzo capitolo del libro della Genesi e attribuita al volere di un Dio punitivo, molto lontano sia dalle più recenti interpretazioni del testo biblico sia dal Dio d’amore rivelato dal Vangelo. Uteri artificiali, simili al marsupio con cui l’evoluzione naturale ha consentito al canguro femmina di accudire i propri cuccioli nati immaturi, sarebbero protesi sostitutive del corpo materno e potrebbero garantire un contatto parenterale con i caregiver del bambino sulla base della compatibilità biologica. Il dolore del parto, da lenire come qualunque altro dolore presente nella condizione umana, è causato dalla conformazione del bacino conseguente alla stazione eretta ed è legittimo affermare che, da questo punto di vista, i canguri rappresenterebbero una tappa evolutiva più avanzata rispetto agli umani. Il futuro sviluppo tecnologico potrebbe presentare infatti una nutrita serie di alternative al processo di gestazione e di nascita quale lo conosciamo oggi ma ciò non cambia nulla rispetto alla caratteristica fondante della riproduzione biologica sessuata.
Se la questione sollevata dalle teorie del gender circa l’adesione personale a un modello di maschile e di femminile è reale in tutte le sue sfumature, la via teorico-pratica che esse propongono non risolve il problema.
La teoria relazionale affronta la questione in un modo del tutto diverso: maschile e femminile sono connotati biologici più o meno marcati in ciascun individuo e nel corso della vita sono soggetti a un processo di evoluzione. La prima e fondamentale fase di questo processo consiste nella scoperta del paterno come evoluzione del maschile e del materno come evoluzione psicologica ed esistenziale del femminile. La maturazione e la sovrapposizione dei diversi punti di vista e dei diversi stili di vita modulerà poi la iniziale irriducibilità delle due condizioni, consentendo a un padre di capire una madre e viceversa. E anzi è proprio l’evoluzione e la diversificazione dell’affettività, che si esprime soprattutto nei momenti di bisogno e di assenza dell’altro, a far maturare nella madre la possibilità e la capacità di svolgere un ruolo anche paterno e viceversa.
La corrosione del significato di mascolinità e di femminilità non fa evolvere i modelli archetipi della paternità e della maternità (e della coniugalità) e rischia, invece, di far regredire l’umanità alle esperienze relazionali dell’orda primordiale, precedenti la formazione della coppia riproduttiva umana.
Sul piano naturale il maschile e il femminile sono indispensabili alla riproduzione della vita biologica sia praticamente (il concepimento e il parto) sia concettualmente (per quanto avanzate, le tecnologie riproduttive dovranno in ogni caso combinare le due emi-eliche del DNA). Sul piano affettivo la relazione, anche solo simbolica, tra caratteristiche paterne e caratteristiche materne produce la sostanza relazionale dell’affiatamento interpersonale che orienta la costruzione della personalità dei figli. Una omogeneizzazione a priori delle caratteristiche, dei comportamenti e dei valori ascrivibili al maschile e al femminile quale quella proposta dall’approccio delle teorie di genere rischia di destrutturare lo spazio di relazione tra diversi che viene riempito dalla sostanza relazionale creata di volta in volta dall’incontro. In particolare, una educazione alla affettività basata su criteri di omogeneizzazione di maschile e femminile anziché sul riconoscimento e sull’accettazione delle rispettive diversità impone nella mente dei bambini e dei giovani un modello di relazione virtuale tra gli esseri umani che non corrisponde alla reale solidarietà tra viventi. Un approccio di questo tipo consegna le nuove generazioni al pensiero magico (“le cose sono sicuramente come voglio io”) e rende ancora più arduo il raggiungimento della sostanza relazionale sublime, la sola a garantire un’autentica purificazione degli archetipi negativi. Per questo motivo diventa indispensabile l’oggettivazione scientifica dell’irradiazione affettiva e la sua misurazione a partire dalle capacità empatiche dell’individuo.
29/01/2017
[1] Lyotard vede la fine definitiva della modernità nell’Olocausto, cfr. Lyotard J.F., (1981), La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano. L’epoca attuale assumerà probabilmente la denominazione di web society.
[3] Wikipedia, (2016). Pansessualità. C’è da notare che l’elenco delle tipologie di gender tende a espandersi. LGBT è diventato LGBTTIQQ2SA ed inoltre il conteggio dei tipi di gender è arrivato a 58.
[2] Paolo Valerio, A. A. (2015). Lesbiche Gay Bisessuali Transgender. Una guida dei termini politicamente corretti. Napoli: Comune di Napoli.
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